Il giorno che il mondo cambiò: 11 settembre, dieci anni dopo

NEW YORK (Usa), 11 settembre – Una data, un simbolo: 11 settembre 2001. A dieci anni esatti da allora occorre sprecare molte parole per rammentare ciò che successe quel giorno. Basta nominarlo e i ricordi, le immagini, arrivano alla mente: le Twin Towers, simbolo della Grande Mela, colpite dagli aerei dei terroristi islamici. Esseri umani che si buttano nel vuoto. Grattacieli fino ad allora simbolo della nazione più potente del pianeta che si sbriciolano.

E poi un enorme nube di polvere che si alza fino a coprire anche il cielo, quasi a nascondere il dolore.

Ognuno di noi ricorda precisamente dove si trovava nel momento in cui giunse la notizia dei fatti newyorkesi. Non a caso il gruppo L’Espresso, insieme al quotidiano inglese Guardian, sta cercando di costruire un database di messaggi in cui gli utenti “potranno raccontare dov’erano, cosa stavano facendo, come hanno vissuto quelle ore convulse. E condividere pensieri e paure in un racconto con migliaia di voci”.
 

“Per lasciare il vostro ricordo – spiegano gli organizzatori – basta indicare la città in cui ci si trovava e scrivere il proprio messaggio, utilizzare il proprio account di Facebook o di Twitter. Partecipando così a questo sforzo collettivo per non dimenticare”.

Un esercizio utile per non dimenticare le 2974 vittime di quel giorno maledetto in cui si ebbe la netta l’impressione che – dopo di esso – il mondo sarebbe cambiato, irrimediabilmente. E così è stato. In quelle ore convulse iniziò il nuovo millennio e il Novecento finì, sepolto sotto le macerie.

Da allora sono passati dieci anni. Su quel giorno si è detto e scritto di tutto, migliaia di pagine, milioni di parole. Centinaia di testimonianze e, come è normale che accada in eventi di tale portata, negli anni sono anche emerse una serie di tesi complottiste.

Sembrava una giornata come le altre quell’11 settembre, poi, alle ore 8:45, mentre gli uffici di New York incominciavano a riempirsi e le strade, già da un paio d’ore, brulicavano di gente, un aereo di linea si schiantò contro una delle due torri gemelle.  Venti minuti dopo un secondo velivolo si abbatté contro la seconda torre. Uno dei due aerei, si saprà dopo, era un Boeing 767 delle American Airlines dirottato da Boston.

Sin da subito fu infatti chiaro che si trattava di un attentato: il presidente George W. Bush, in visita in quel momento a una scuola elementare in Florida, cancellò gli impegni della mattinata. Fu evacuata la Borsa del Nymex e il New York Mercantile Exchange mentre Wall Street rinviò l’apertura delle contrattazioni, per chiudere i battenti poco dopo. In un primo bilancio delle vittime si parò di sei morti e di un migliaio di feriti  mentre la polizia avvertì che un terzo aereo poteva avvicinarsi alle due torri.

Intanto arrivò la rivendicazione: inizialmente la tv di Abu Dahbi attribuì l’attentato al Fronte Democratico per la liberazione della Palestina, che però smentirà poche ore dopo. Si scoprirà, poi, che a dirottare gli aerei sono stati 19 affiliati all’organizzazione al Qaida.

Mentre la Casa Bianca veniva evacuata un aereo precipitava sull’eliporto del Pentagono, causando il crollo di un’ala dell’edificio, che s’incendiò: erano le 9,42 (ora americana). Era passata appena un’ora dal primo attacco, sembra passato un giorno. Venivano evacuati i principali luoghi pubblici e di comando mentre  la Federal Aviation Administration chiudeva tutti gli aeroporti USA .

Poco dopo, alle 10 circa, un’enorme esplosione al World Trade Center, che fu seguita a pochi minuti di distanza dal crollo del primo grattacielo. Venti minuti dopo anche la seconda torre implose su se stessa.

Un altro aereo, che era stato dirottato verso la Casa Bianca, si schiantò in un campo vicino a Shanksville, in Pennsylvania.

Dopo quei giorni si verrà a conoscenza delle storie delle vittime. Vicende terribili come quella della donna irlandese di 45 anni e di sua figlia di quattro morte nello schianto contro una delle due Torri Gemelle dell’aereo dirottato a bordo del quale si trovavano mentre il fratello della donna, appena entrato nel World Trade Center al momento dell’attentato, sopravvive miracolosamente.  Ma anche storie d’amore e di speranza come quella di un Labrador dal pelo biondo, di tre anni, di nome Roselle che ha portato in salvo il suo padrone cieco facendolo scendere per 78 piani all’interno di una delle Torri.

C’è chi dice poi di aver visto un uomo e una donna lanciarsi insieme nel vuoto in un volo di 300 metri, mano nella mano. Però nessuno ha poi saputo quali fossero i loro corpi, sepolti insieme ai resti migliaia di altri sotto le macerie delle Torri distrutte.

Nel decennale dell’evento saranno centinaia in tutto il mondo le celebrazioni di commemorazione. Le più importanti in Usa, dove in tutti e 50 gli Stati sarà organizzata una “Giornata nazionale per il ricordo e il servizio” per “unirsi e servire le proprie comunità onorando le vittime dell’11 settembre”.

A New York, da alcuni giorni, ha preso il via la rassegna “New York remembers”: duemila oggetti in 30 luoghi pubblici, dai camion schiacciati dei pompieri alle travi d’acciaio contorte e bruciate delle Torri gemelle, esposti nello stato di New York per ricordare il decimo anniversario degli attacchi terroristici.

Il Presidente Obama nella mattina di oggi sarà a Ground Zero con la sua first lady, per l’inaugurazione del “National September 11 Memorial”, memoriale dedicato alle vittime della strage.

Al posto della base delle torri ora si trovano due piscine attorniate da delle vere e proprie cascate – le più grandi mai realizzate artificialmente nell’America del Nord – in cui si riflette l’assenza delle tremila persone rimaste uccise negli attacchi dell’11 settembre, (si chiamano, non a caso, “Reflecting absence”), dietro alle quali delle placche di bronzo con incisi i nomi delle vittime. Tutto intorno un boschetto di 400 alberi, tra cui l’unico sopravvissuto all’inferno degli attacchi. Realizzato dall’israeliano Michael Arad e dall’americano Peter Walker, il progetto si è imposto in una competizione internazionale a cui hanno partecipato oltre 5200 proposte provenienti da 63 nazioni.

Il presidente Obama visiterà poi il Pentagono e pronuncerà un discorso alla National Cathedral durante il “Concerto per la Speranza”, per poi recarsi, in un singolare pellegrinaggio, a Shanksville.

L’allerta comunque è ai massimi livelli. La parola d’ordine è non sottovalutare nulla, anche i più piccoli segnali o dettagli. Fbi e Dipartimento di Stato alla sicurezza interna nelle ultime settimane hanno intensificato l’azione investigativa e rafforzato le misure di sicurezza, aumentando i controlli su tutti gli obiettivi ritenuti più sensibili: dagli aeroporti alle principali stazioni ferroviarie, dai palazzi governativi a quelli pubblici considerati più a rischio. Stretta vigilanza anche su tutte le manifestazioni di maggior rilievo, a partire dai principali eventi sportivi, dal football al baseball.

Ma la principale preoccupazione non è data dalla possibilità di attentati spettacolari a imitazione dell’11 settembre – anche perché, si precisa, “attentati del genere  sono quasi impossibili da ripetere, anche se abbassare la guardia sarebbe un errore” – i timori maggiori sono infatti legati al rischio di eventuali azioni ad opera di “lupi solitari” (come li ha definiti ultimamente Obama, portando l’esempio del folle che ha compiuto la carneficina di Oslo): una situazione molto più difficile da prevenire o controllare.

Un sondaggio condotto dall’istituto Pew ha mostrato una soddisfazione generale dei cittadini nei confronti della sicurezza interna degli Stati Uniti, ma il 35 per cento delle persone ascoltate ha indicato nela fortuna la vera ragione per cui agli Stati Uniti è stato finora risparmiato un altro attacco.

Nel frattempo un nuovo, triste studio pubblicato sul numero del 3 settembre di Lancet e riportato dal Wall Street Journal fa notare che i pompieri che hanno lavorato a Ground Zero hanno il 19 per cento di possibilità in più di aver il cancro rispetto ai colleghi che non vi hanno partecipato alle oprezioni di soccorso del’11 settembre 2001. “L’associazione fra l’esposizione al World Trade Center e il cancro è biologicamente plausibile”, afferma lo studio redatto da David Prezant, il medico responsabile del New York Fire Department.

Lo studio mette,però in guardia da conclusioni affrettate: sarebbe sbagliato assumere che il fatto che cancro sia più ricorrente fra i pompieri che hanno lavorato al World Trade Center, ciò lo renda anche più probabile nelle persone che sono state esposte al sito. Il rapporto di Prezant sarà probabilmente usato per cercare di convincere le autorità che supervisionano il nuovo programma sanitario per l’11 settembre a risarcire coloro che hanno sviluppato il cancro dopo l’esposizione al sito. Alcuni esperti invitano pertanto alla cautela: “E’ uno studio importante – evidenzia James Melius del New York State Laborers Helth Fund – ma non definitivo: sappiamo che il cancro può impiegare 40 anni o più dopo l’esposizione ad apparire”.

D’altronde i pompieri del WTC lo sostengono da anni, forti dei 343 colleghi caduti quel giorno: li chiamano ‘The Bravest’, i più coraggiosi. Molti dei “reduci” soffrono disturbi fisici e psicologici, dopo l’11 settembre 2001.

Kevin Murray era in servizio quel giorno. “L’11/9 scelsi di lavorare, dovevo un turno alla mia città”, racconta dopo dieci anni. La sua squadra era sempre stata la stessa, ‘Truck 11’. Quel giorno si unì a un’altra squadra ‘Truck 18’, che fu inviato nella torre nord. “Appena arrivammo nel tunnel pedonale, che poteva essere a una distanza di 45-100 metri, la torre nord venne giù”. I suoi colleghi del ‘Truck 11’ non furono così fortunati: “Si trovavano all’ultimo piano del Marriott quando la torre sud collasso”. E mentre cadeva se li trascinò via, con sé.

Andò così. Kevin ormai si è convinto che sia stata la sorte a volere che fosse l’unico della sua squadra a sopravvivere. “E’ stata solo fortuna, ma il senso di colpa da allora non mi ha più lasciato”, dice prima di prender servizio per un altro giorno al Downtown Manhattan.

Un altro giorno, certo. Ma non un giorno qualunque.

 

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10 anni dopo le Torri Gemelle

Allarme attentato a New York e Washington:

A dieci anni dalla strage delle Torri Gemelle, torna il rischio e la paura attentati a New York e Washington. Fermati 3 attentatori provenienti dall’Afghanistan, pronti a farsi saltare in aria.

Il Presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama e il sidaco di New York Michael Bloomberg non hanno dubbi; nell’anniversario decennale dagli attentati terroristici di Al Qaida alle Torri Gemelle e al Pentagono, è forte il rischio e il pericolo che ciò possa di nuovo accadere. Anche l’FBI non ha dubbi e ha confermato come Al Qaida organizzi gli attentati sempre con un nesso logico nonchè temporale, dando molta importanza e spazio a ricorrenze e date importanti per il paese oggetto dell’attentato stesso. Obama e il sindaco della Grande Mela hanno lasciato intendere che nei giorni antecedenti all’11 settembre e anche in quelli successivi i controlli saranno triplicati sull’intero territorio, con un maggior occhio di riguardo a Washington, da tempo nelle mire di Al Qaida, ed ovviamente NY. La preoccupazione sta invadendo in queste ore i cittadini delle principali metropoli degli States, ma gli addetti ai lavori, pur confermando il grande pericolo, assicurano che  ulteriori allarmismi non fanno altro che destabilizzare ancor più il clima già rigido che si respira in USA. La preoccupazione che possa avvenire un nuovo “11 settembre”, proprio nel giorno del decennale dal disastroso attacco terroristico alle Twin Tower, assale i cittadini americani e l’intera amministrazione Obama. Nel corso di queste ore, sono stati fermati due Afghani e un cittadino americano, provenienti dall’Afghanistan, con l’accusa da parte degli investigatori e dei servizi segreti, di esser terroristi pronti a farsi esplodersi con un’auto bomba. Gli USA hanno paura e son in pericolo.

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