Francesco Testi: Sabrina Ferilli è un ricordo, ora c’è Giulia

Francesco Testi e Sabrina Ferilli stanno continuando la battaglia, dopo il presunto amore? Non ci sono notizie fresche in proposito: eravamo rimasti alle eclatanti dichiarazioni di lui, alla diffusione degli sms bollenti e alla decisione di querelare la collega dopo esserne stato l’amante (almeno, questa è la sua versione), ma ancora non è dato sapere come si stia evolvendo l’amara vicenda. Arriva una scoop, invece, riguardante la vita sentimentale di Francesco: ha una nuova fidanzata, una bella mora di nome Giulia. I due sono apparsi insieme, alla luce del sole romano, nel corso della presentazione di una mostra fotografica dedicata allo storico press agent Enrico Lucherini.

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Francesco Testi e Sabrina Ferilli finiranno per odiarsi? Continuando così, è molto probabile. Lui, però, non sembra farne un dramma. Anzi, si direbbe che la grande passione nutrita per la collega non abbia lasciato alcuna traccia. Soltanto una gran voglia di “vendicarsi”. Per il resto, l’affascinante ex gieffino – per il momento – non ha occhi che per la sua nuova fiamma. Che, diciamolo, è una splendida creatura: capelli castani e lunghi, labbra carnose, occhi verdi, curve al posto giusto. Certo, bisogna dire che era troppo truccata in occasione della loro prima uscita pubblica. Con un volto più acqua e sapone sarebbe stato meglio, ma forse è stata l’emozione a farle calcare la mano. Sapeva, Giulia, che avrebbe avuto tutti i fotografi praticamente addosso.

Tra Francesco Testi e Sabrina Ferilli è finita proprio male. Qualunque tipo di rapporto sia stato – amicizia, amore, attrazione fisica, passione, voglia di tragressione – è finito male. “Stavamo pianificando – ha dichiarato lui qualche tempo fa –  un futuro insieme. Addirittura, lei aveva espresso il desiderio di avere un figlio da me. Si, ci amavamo, almeno questo era quello che credevo io. Poi lei con il suo comportamento inaspettato mi ha pugnalato alle spalle“. Che amarezza. Per fortuna adesso c’è Giulia ad addolcirlo…

NICOLE MINETTI FIRMA LE SUE DIMISSIONI. MA NEL PDL LOMBARDO ORA È SCONTRO

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Roberto Formigoni non si vuole arrendere anche se nel suo match con la Lega e con Roberto Maroni, che mantiene il punto sull’election day in primavera, per andare a votare in Lombardia il prima possibile – già il 16 o il 23 dicembre – il Pdl lo lascia sempre più solo aprendo anche alle primarie di coalizione con il Carroccio, d’accordo i lumbard ma assolutamente contrario il governatore che apre un duro confronto anche con il suo partito.
«A me nessuno mi rottama» ha ripetuto due volte ai giornalisti. Ma secondo Maroni il presidente della Lombardia si è già autorottamato, anzi «la Lombardia si è autorottamata» con l’arresto dell’assessore Domenico Zambetti, accusato di aver comperato voti dalla ‘ndrangheta.
Il governatore ha assicurato che il 25 ottobre, legge elettorale varata o no, il Consiglio regionale si scioglierà. Nessuna retromarcia su questo anche se il segretario del Carroccio ha continuato a dire che votare ad aprile, in contemporanea con le politiche, fa risparmiare 50 milioni. Per Formigoni sono di più i soldi che si perderebbero a stare tanto a lungo senza un governo, in una campagna elettorale lunga sei mesi. E ha aggiunto che la Presidenza del Consiglio è d’accordo ad andare al voto al più presto. Chi non è d’accordo sono però i suoi stessi compagni di partito. Dicembre «non è una data proponibile» per Mario Mantovani, il coordinatore regionale del Pdl che sente Silvio Berlusconi due volte al giorno.
E anche il coordinatore nazionale Ignazio La Russa è «contrario a un voto subito perchè di mezzo non abbiamo solo il Natale, ma anche la doverosa necessità di evitare scambi e rotture traumatiche con la Lega addebitabili a noi». Il rapporto con il Carroccio è la preoccupazione maggiore del Popolo della Libertà che vuole evitare di consegnare al centrosinistra una Regione simbolo per entrambi, per non parlare del governo del Paese. Anche per questo sia Mantovani, sia La Russa sono disponibili a delle primarie di coalizione per scegliere il candidato al Pirellone. E anche il vicepresidente della Camera, Marizio Lupi, vicino a Cl ha detto di considerarle «un segnale importante».
Una sfida che anche Maroni accetta «volentieri». È Formigoni che le considera «uno scherzo», anzi «la fine del Pdl» perchè farebbero «scappare a gambe levate gli ultimi dei nostri elettori». «Ritengo che la collaborazione con la Lega possa continuare – ha spiegato -. Penso solo che il prossimo candidato non possa essere un leghista» visto che è stato il partito di Maroni a far cadere la giunta. E per lui il nome giusto del suo successore è quello dell’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini. Ormai è un braccio di ferro. Formigoni ha ottenuto lunedì un impegno scritto dei consiglieri Pdl a dimettersi e ha detto che giovedì della prossima settimana consegneranno le dimissioni al protocollo. Ma tre non hanno firmato e l’ex assessore Stefano Maullu ha fatto retromarcia dicendo che spetta al limite a Formigoni lasciare.
C’è chi teme che altri possano defilarsi. E se non saranno almeno 41 a dimettersi in contemporanea il Consiglio non si scioglierà Il presidente ha promesso in mattinata di fare «altri contropiede» e il primo è arrivato nel pomeriggio quando ha chiesto al presidente del Consiglio regionale, Fabrizio Cecchetti, di convocare una seduta per lunedì pomeriggio. Motivo: comunicazioni del governatore. Molto probabilmente sarà l’occasione per presentare la nuova giunta, anche perchè il presidente questa mattina ha detto che proprio «entro lunedì» darà vita alla nuova squadra. Quanto resterà in carica è ancora da vedere. Certo votare a dicembre costringerebbe tutti i partiti a fare le corse, dovendo rinunciare anche alle primarie per la mancanza dei tempi tecnici. L’unico ad essere pronto, per ora, sembra Roberto Formigoni.

23 CONSIGLIERI SI DIMETTONO, ANCHE LA MINETTI Non tutti i consiglieri regionali lombardi del Pdl stanno con Roberto Formigoni. Il fronte – non esteso ma che rischia di allargarsi – si è aperto oggi, quando alla riunione con il governatore sono state ‘formalizzate’ al capogruppo Paolo Valentini le dimissioni in bianco che, nelle intenzioni di Formigoni, serviranno a far sciogliere il Consiglio giovedì 25 ottobre, dopo la seduta sulla riforma elettorale.
Angelo Giammario, Gianluca Rinaldin e Paola Camillo non hanno però accettato. Massimo Buscemi era assente, solo in serata ha fatto sapere che firmerà. L’ex assessore Stefano Maullu ha invece ritirato la sua adesione. Calcolando che nemmeno Formigoni ha messo a disposizione le sue dimissioni (per questioni di ruolo), così come Domenico Zambetti (in carcere), ci sono 23 firme (inclusa quella di Nicole Minetti, che ora, verosimilmente, non avrà più diritto al vitalizio che aveva provocato furiose polemiche sul web) su 29, che pur lasciando un ampio margine indicano che non sarà facile orientare in modo compatto il gruppo del Pdl.
I critici parlano di una «eccessiva fretta» da parte di Formigoni di liquidare la legislatura per votare a Natale. «A fronte di una volontà suicida più simile ai kamikaze di Bin Laden che al pensiero moderato e anche cattolico, a cui molti dicono di ispirarsi – ha scritto Giammario in una lettera – ho detto di no. Abbiamo fatto la legge elettorale? Si è formata la Giunta tecnica? È stato rispettato l’accordo con Maroni e Alfano? No! No! No!».
Maullu ha chiesto che Formigoni «si prenda le sue responsabilità politiche: si dimetta lui», accelerare «non serve a nulla, se ne occupi il partito a livello nazionale e trovi la soluzione migliore». Diversi consiglieri del Pdl pensano, infatti, che la linea del partito non sia esattamente quella di Formigoni, dunque attendono di capire come comportarsi quando (e se) chiamati a depositare per davvero le loro dimissioni. A quel punto, stando ai rumors seguiti a telefonate che sarebbero arrivate dai vari referenti nazionali anche per raccomandarsi di non creare tensioni con la Lega, il fronte – soprattutto fra i ‘laici’ – potrebbe essere più ampio.
Di firme, «ce ne servivano almeno 14, dunque ne abbiamo in abbondanza», si è detto sicuro stamani il capogruppo Paolo Valentini, pensando ai 28 consiglieri di opposizione che hanno già messo a disposizione le loro dimissioni.